I pescatori di fronte alle sfide della biodiversità

Nel Mediter­ra­neo, l’80% del­la pesca proviene dal­la pesca arti­gianale, pesca real­iz­za­ta non lon­tano dalle coste su pic­cole barche o a bor­do di pescherec­ci. Ques­ta cat­e­go­ria di pesca è...

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Nel Mediter­ra­neo, l’80% del­la pesca proviene dal­la pesca arti­gianale, pesca real­iz­za­ta non lon­tano dalle coste su pic­cole barche o a bor­do di pescherec­ci. Ques­ta cat­e­go­ria di pesca è pesan­te­mente col­pi­ta dal depau­pera­men­to delle risorse ittiche con­stata­to sis­tem­ati­ca­mente dagli scien­ziati e dalle mis­ure restrit­tive che ne derivano.

Ogni mat­ti­na sul Vec­chio Por­to ani­ma­to di Mar­siglia le ban­car­elle dei pesca­tori atti­ra­no i pas­san­ti, che osser­vano con curiosità il con­tenu­to delle vasche piene di pesce pesca­to di buon mat­ti­no non lon­tano dalle coste mar­sigliesi. Nel menù del­la sta­gione esti­va lo scor­fano per la zup­pa, o anco­ra, sparaglioni a bizzeffe. Davan­ti alle esi­tazioni degli acquiren­ti, i pesca­tori non esi­tano ad abbas­sare i prezzi già più che ragionevoli. « Quel­li ci fan­no capi­to­lare », è la reazione di Jean-Claude Izzo. Sedu­to nel­la sua bar­ca ormeg­gia­ta al Vec­chio Por­to, quest’uomo è il rap­p­re­sen­tante dei pesca­tori di Mar­siglia, orga­niz­za­ti in prud’homie (ndr coop­er­a­ti­va di pesca) da decen­ni. “Quel­li”, sono i decisori che fis­sano le norme europee che si appli­cano tan­to ai grossi pesca­tori indus­tri­ali nell’Atlantico che ai pic­coli pesca­tori in Mediter­ra­neo. Le quote sul divi­eto di pesca del ton­no rosso e recen­te­mente sull’orata, li riguardano e li colpis­cono ugual­mente. Un sen­ti­men­to di ingius­tizia denun­ci­a­to dai pesca­tori arti­gianali. A Mar­siglia i pesca­tori pun­tano il dito anche con­tro il par­co nazionale delle Calan­ques, con­cepi­to nel 2012 da un comi­ta­to di uten­ti, di politi­ci e di scien­ziati.

« Non abbi­amo più molte zone dove pescare e dove il pesce è abbon­dante. Dall’istituzione del par­co nazionale delle Calan­ques, ho una perdi­ta del 50% del mio giro d’affari. Tutte le zone dove si pesca­va il buon pesce sono ormai vietate alla pesca. Non sono con­tro queste ris­erve ma ci vor­reb­bero delle leg­is­lazioni più flessibili che ci per­me­ttessero di pot­er per­scare qualche vol­ta », insiste Jean-Claude Izzo. Il 60,17 per cen­to, ossia 53292 km² del­lo spazio costiero mediter­ra­neo francese, è pos­to sot­to uno statu­to di pro­tezione attra­ver­so delle aree marine pro­tette con dei liv­el­li vari­abili di proibizione del­la pesca e delle altre attiv­ità tur­is­tiche. L’istituzione di queste aree è decisa e delim­i­ta­ta da diver­si decisori in fun­zione del­la natu­ra del­la pro­tezione ; può dunque trat­tar­si di un par­co mari­no, un par­co nazionale, un par­co nat­u­rale mari­no, una ris­er­va nat­u­rale, un par­co nat­u­rale regionale, un ter­reno acquisi­to per la con­ser­vazione del litorale, un decre­to di pro­tezione e, tra le varie tipolo­gie, si trovano anche i siti clas­si­fi­cati Natu­ra 2000.

L’interesse di delim­itare delle aree marine pro­tette

« Dove si smette di pescare si ha ovunque una più grande diver­sità di pesce e i pesci sono più grossi. Da 40 anni la risor­sa si riduce, i pesca­tori ne han­no con­sapev­olez­za. Le tec­niche di pesca si sono molti­pli­cate, il mate­ri­ale si è evo­lu­to, dunque l’attività è cresci­u­ta », riv­ela Lau­rence Ledi­reach, ricer­ca­trice all’Imo, l’Istituto mediter­ra­neo di oceanolo­gia, a Mar­siglia. « Ci sono ris­erve pro­tette per­ché si pesca trop­po e si osser­va una crisi delle risorse. Quin­di si mette la natu­ra sot­to una cam­pana di vetro e si pro­va a gestire meglio le attiv­ità umane », pros­egue la ricer­ca­trice che esce rego­lar­mente in mare con i pesca­tori arti­gianali, fini conosc­i­tori degli ambi­en­ti mari­ni e del­la loro evoluzione. Questo approc­cio sci­en­tifi­co è parzial­mente con­di­vi­so da questi ulti­mi, che non si sentono inter­es­sati dal­la sovrapesca. A bor­do delle loro pic­cole imbar­cazioni pes­cano da 1 ora e mez­za a un mas­si­mo di 5 ore al giorno, e non han­no l’impressione di pren­dere parte all’esaurimento del­la risor­sa itti­ca. Tut­tavia la pro­gres­si­va dimin­uzione di certe specie, e l’impatto neg­a­ti­vo nel­lo svilup­po di altre, sono dei seg­ni seri­amente pre­si in con­sid­er­azione dalle dif­fer­en­ti branche del­la ricer­ca oceanolog­i­ca. I loro lavori quin­di con­tribuis­cono a ind­i­riz­zare le deci­sioni prese in tema ambi­en­tale.

Le aree marine per­me­t­tono di pro­teggere gli habi­tat delle specie pri­or­i­tarie, dove queste si nutrono e si ripro­ducono. È il caso del­la pra­te­ria di posi­do­nia, indis­pens­abile e tut­tavia minac­cia­ta in certe zone. In gen­erale, queste sono delim­i­tate all’interno di zone poco col­pite dall’inquinamento, eccezion fat­ta per il rilas­cio di fanghi rossi tossi­ci prodot­ti dall’industria d’alluminio Altéo a Gar­danne, nel par­co nazionale delle Calan­ques, a Mar­siglia, un’area mari­na pro­tet­ta dove sono sver­sa­ti questi fanghi con­te­nen­ti in parte met­al­li pesan­ti a 7,7 km dalle coste al largo di Cas­sis, attra­ver­so una canal­iz­zazione sit­u­a­ta a 320 metri di pro­fon­dità. La dis­per­sione di par­ti­celle per diverse centi­na­ia di metri potrebbe essere respon­s­abile del­la con­t­a­m­i­nazione, o persi­no del­la morte, di certe specie.

« Il lavoro di coges­tione con i pesca­tori è indis­pens­abile per far com­pren­dere loro le sfide e per dare con­ti­nu­ità alla risor­sa », dichiara Mag­a­li Mabari, respon­s­abile del­la comu­ni­cazione di Med­pan (rete dei gestori delle aree marine pro­tette nel Mediter­ra­neo). « L’obiettivo è anche di con­ser­vare questo mestiere ances­trale del­la pesca arti­gianale per­ché, delim­i­tan­do delle zone pro­tette, i pesci restano in vita più a lun­go e invec­chi­an­do rag­giun­gono il loro mas­si­mo liv­el­lo di fer­til­ità e si ripro­ducono più numerosi, la risor­sa si trasferisce e va a col­o­niz­zare altre zone dove la pesca è autor­iz­za­ta », con­tin­ua. Così in Turchia, Med­pan ha vieta­to alla pesca sei zone. Il lavoro con­giun­to di sorveg­lian­za delle guardie costiere e i pesca­tori ha per­me­s­so loro di con­ser­vare intat­te queste aree marine, dove gli stock di pesce si sono rigenerati. Dopo un cer­to tem­po si sono trasfer­i­ti e han­no per­me­s­so ai pesca­tori di aumentare i loro stock e le ven­dite, e di qua­dru­pli­care le loro entrate. La sorveg­lian­za fa parte del­la ges­tione di queste aree marine pro­tette, se ques­ta non è assi­cu­ra­ta lascerà il pos­to alla pesca ille­gale prat­i­ca­ta da pro­fes­sion­isti o dai pesca­tori ama­to­ri­ali, numerosi sulle coste france­si.

La pesca ricre­ati­va non lim­i­ta­ta ha un impat­to sull’ambiente mari­no

Una delle cause osser­vate dal mon­do del­la ricer­ca e del­la pesca è l’assenza di rego­la­men­tazione e di ges­tione dell’attività del­la pesca, che per­me­tte a molte per­sone di prati­care la pesca ricre­ati­va sen­za lim­i­ti e a volte in modo ille­gale mal­gra­do il lavoro rig­oroso del­la guardia itti­ca. Questi pesca­tori sareb­bero cir­ca 250mila tra Niz­za e Col­lioure, l’insieme del­la cos­ta mediter­ranea francese (900 Km), e sono sem­pre meglio equipag­giati. Riguar­do la pesca pro­fes­sion­ale, il comi­ta­to regionale di pesca del­la regione Paca (Proven­za-Alpi-Cos­ta Azzur­ra) ha con­tabi­liz­za­to nel 2016 932 pesca­tori arti­gianali in Paca, di cui 252 a Mar­siglia, cifre che com­pren­dono le pic­cole pesche (le col­ture in acque marine, la mol­luschicoltura, la pic­co­la pesca di meno di 24 ore), la pesca costiera (da 24 a 96 ore), la pesca al largo e la grande pesca indus­tri­ale.

Attual­mente il ton­nel­lag­gio del­la pesca ricre­ati­va è iden­ti­co a quel­lo del­la pesca pro­fes­sion­ale, una con­statazione con­di­visa nell’ambiente del­la ricer­ca. Alcu­ni pesca­tori occa­sion­ali ne rica­vano prof­itti e restano nell’illegalità rispet­to ai pesca­tori pro­fes­sion­ali che pagano pesan­ti oneri.

Come notano alcu­ni pesca­tori sen­ti­ti a Mar­siglia, le alac­ce sono scom­parse, e certe specie come le sar­dine sono di taglia ridot­ta, seg­no che si svilup­pano male, o meno di pri­ma. In causa la sovrapesca e l’inquinamento (indus­tri­ale e del­la plas­ti­ca), che provo­cano lo sposta­men­to o l’estinzione dell’habitat dove queste si nutrono, si ripro­ducono e si svilup­pano.

L’impatto dell’uomo sug­li ambi­en­ti mari­ni con­tribuisce ogni giorno all’inquinamento del Mediter­ra­neo. Sulle coste i pesca­tori sono i pri­mi a essere col­pi­ti dal depau­pera­men­to delle risorse ittiche, e il loro mestiere rischia di perder­si. A Mar­siglia il loro numero diminuisce. La mag­giore fonte di inquinan­ti organi­ci nelle acque mediter­ra­nee è in pri­mo luo­go la raf­fi­nazione di petro­lio e in sec­on­da posizione ci sono gli imbal­lag­gi ali­men­ta­ri. Tut­ti noi siamo respon­s­abili quin­di. Anche se esistono delle soluzioni gra­zie alla mobil­i­tazione di alcu­ni, è nos­tro dovere inter­rog­a­r­ci in pri­mo luo­go sui nos­tri stili di vita e di con­sumo.

Hélène Bourgon
Traduzione : Silvia Ricciardi

Foto: Sguardo di un pescatore sull’inquinamento

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